
Vibe Coding e AI: rivoluzione o trappola per principianti?
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Scrivere codice senza sapere scrivere codice: il paradosso del vibe coding
In questa nuova puntata affronto un tema che mi sta particolarmente a cuore:
il vibe coding, ovvero la nuova tendenza a scrivere codice senza digitare una riga, affidandosi completamente a strumenti di intelligenza artificiale generativa.
Da grande appassionato e utilizzatore quotidiano dell’AI, ho voluto analizzare questo fenomeno da un punto di vista pratico, tecnico ma anche etico, raccontando anche un paio di episodi reali in cui mi sono trovato a utilizzare il vibe coding, nel bene e nel male.
Cosa significa davvero Vibe Coding? È solo una provocazione o sta davvero cambiando il modo in cui sviluppiamo software e analizziamo i dati?
Vi porto dentro una mia esperienza concreta: stavo creando una landing page per la mia Academy dedicata alla data analytics. Non conoscendo HTML e CSS, ho chiesto a ChatGPT di generarmi il codice necessario per realizzare una timeline interattiva. Tutto sembrava perfetto… fino a quando il sito è andato in crash.
Il problema? Un errore nel codice che non avevo gli strumenti per individuare subito. Il risultato? Panico, pagina bloccata e necessità di intervenire manualmente per risolvere. Un caso limite, certo, ma emblematico.
Da qui nasce una riflessione più ampia: il vibe coding è uno strumento potentissimo, che può semplificare enormemente il lavoro di chi già conosce il codice, ma diventa estremamente rischioso per chi non ha competenze tecniche e si affida ciecamente all’output dell’AI.
Nell’episodio parlo anche di come utilizzo l’intelligenza artificiale per ottimizzare le query SQL o le formule DAX, in particolare nei casi più complessi, come le CTE ricorsive. Ma sempre con consapevolezza, sempre leggendo, correggendo e validando ciò che l’AI propone.
Se ti interessa approfondire il tema delle CTE ricorsive in SQL, ne parlo nel mio corso dedicato su Dati365:
👉 SQL from Zero to Hero – Il corso completo
L’intelligenza artificiale è uno strumento straordinario, ma non può sostituire la competenza umana. Anzi, può addirittura rallentare la crescita professionale se utilizzata in modo passivo, soprattutto per i profili junior che rischiano di non imparare mai davvero a “sporcarsi le mani” con il codice.
Il vibe coding sta entrando anche nel mondo della data analytics, e questo può democratizzare l’accesso agli strumenti analitici. Ma attenzione: analizzare dati non è solo scrivere query. È capire cosa si vuole misurare, interpretare correttamente i risultati e trarre insight decisionali affidabili. Se l’AI sbaglia e noi non siamo in grado di accorgercene, il danno può essere enorme.
In chiusura, riprendo una riflessione che feci tempo fa insieme a Mauro Bennici in un'altra puntata del podcast, sul tema dell’etica dell’AI: stiamo rischiando un appiattimento verso la media. Sempre più persone si affidano all’AI senza sviluppare vere competenze, e questo potrebbe abbassare la qualità media dei risultati, invece di migliorarla.
🎧 Ascolta anche quella puntata: Etica dell’intelligenza artificiale con Mauro Bennici
Per questo ti invito ad ascoltare questa puntata: non solo per capire cos’è il vibe coding, ma per riflettere insieme a me su quando e come usarlo, quali rischi evitare e come integrare davvero l’AI nel lavoro quotidiano senza rinunciare al nostro ruolo attivo nel processo.
🔎 Alcuni temi che tratto nell’episodio:
Che cos’è il vibe coding e da dove nasce
I rischi di programmare senza conoscere i linguaggi
Quando l’AI ti fa risparmiare tempo (e quando te lo fa perdere)
Come usare l’AI nella data analytics senza compromettere i risultati
L’importanza di rimanere sempre “in the loop”
🎧 Se ti è piaciuta la puntata, lascia una recensione, attiva la campanella e condividi l’episodio con chi lavora nel mondo tech o data driven.